Abbiamo la fortuna di apprezzare quotidianamente la straordinaria “applicabilità” e l’utilità di ciò che sviluppiamo. Dal nostro osservatorio privilegiato, comprendiamo però che le barriere all’ingresso che proteggono l’AI sono scoraggianti: dal linguaggio (acronimi! anglicismi! tecnicismi!) fino alla narrazione parziale restituita dai media.
Attraverso Decodifica vorremmo contemporaneamente decostruire e onorare la complessità dell’Intelligenza Artificiale Generativa: trasformare concetti articolati in idee digeribili e spunti utili, incoraggiando chi legge a sviluppare una visione personale su tecnologie che -inutile negarlo- stanno cambiando il mondo. Partiremo con una parola, e il resto verrà da sé.
Le parole sono importanti
OCR sta per Optical Character Recognition: riconoscimento ottico dei caratteri. È la tecnologia mediante la quale è possibile trasformare dei documenti “fisici” in file digitali. OCR non è sinonimo di scansione: quest’ultimo processo non prevede l’utilizzo dell’AI, consiste nel trasformare un documento cartaceo in un file immagine ma il contenuto viene salvato come immagine e non come testo modificabile. A livello domestico, scansionare1 serve a liberarci del faldoni e preservare gli album di famiglia dai danni del tempo.
Ma per un’organizzazione complessa, ad esempio un ospedale dotato di un enorme archivio sotterraneo per contenere le cartelle cliniche anteriori al 2000, non è un mero problema di spazio: i documenti digitali devono essere ulteriormente analizzabili, altrimenti quello sforzo compilativo sarà stato vano! Se un archivio viene costruito con tecnologia OCR sarà ricercabile per parola chiave e potrà essere usato per compiere analisi e prendere delle decisioni.
Esistono sistemi OCR più evoluti e “personalizzabili”, capaci di riconoscere una grafia individuale. A 17 anni avete scritto con la BIC un romanzo e vorreste trasformarlo in un file Word per autopubblicarlo? Si può fare.
Le sfide complesse che attendono l’AI
L’apprendimento è un processo complesso: menti diverse imparano e studiano in modo diverso, le stesse informazioni possono essere veicolate in molti canali e stili, con risultati significativamente variabili.
Ci sono persone che amano seguire prendendo appunti, alcune prediligono studiare su libri e dispense, ad altre invece occorrono sintesi e schemi fatti di proprio pugno, altre ancora non hanno problemi a utilizzare materiale prodotto daə compagnə di corso. Lo studio non è solo il processo attraverso il quale si impara, ma è un percorso prezioso per scoprire il modo in cui la propria mente funziona, come si appassiona e come cambia nel tempo: avere un metodo di studio è una consapevolezza importante, che si acquisisce per tentativi e approssimazioni.
Automatizzare parti del percorso di apprendimento può rappresentare un enorme vantaggio per alcune persone e uno svantaggio per altre: se imparo scrivendo a mano (spoiler: è probabile), prendere appunti in aula e ri-schematizzare libri e dispense a casa sono attività utili perché assecondano il modo in cui funziona la mia memoria. Se imparo ascoltando, frequentare le lezioni mi servirà: registrarle e persino sbobinarle potrebbe essere una manna dal cielo. Se ho un DSA per cui non riesco a fidarmi dei miei appunti, sfrutterò quelli altrui e userò tutta la mia “capacità intellettuale” per praticare un ascolto più attivo e quindi fruttuoso. Se sono uno studente lavoratore e non ho modo di frequentare, userò il materiale “AI generated” prodotto dai compagni e il mio sforzo sarà indirizzato soprattutto a rielaborare a voce e ripetere. E via dicendo.
Quando l’AI potrebbe svoltarti la vita
Con buona pace deə solo player -non frequentano nessuna lezione, non bazzicano le aule studio, non ti danno manco un morso del loro panino- in alcune facoltà universitarie passare gli esami grossi è un’impresa di gruppo. Un esempio classico sono i gruppi sbobine: il sistema collettivo con cui gli studenti (soprattutto di medicina e giurisprudenza) a turno registrano le lezioni e le trasformano in file di testo, sollevando il resto della classe dall’obbligo di prendere furiosamente appunti.
Whisper, Transkriptor e Turboscribe sono servizi AI based che consentono, a un prezzo piuttosto ragionevole, di trasformare in testo dei file audio che durano anche ore. Gli stessi testi possono essere editati con un altro strumento AI based (chat GPT andrà benissimo) per eliminare errori, intercalari e ripetizioni, oppure dividere e articolare i paragrafi. Questo è un tutorial piuttosto chiaro.
Un take-home message da qualcuno che ne sa
Stavolta tocca a Elisabetta Zurovac, aka @zurobets: docente e ricercatrice in Sociologia dei Media Digitali presso l’Università di Urbino Carlo Bo. Ha smesso di essere “solo” studentessa da pochi anni e ha una visione peculiare del lavoro che si fa in aula.
Se non puoi o vuoi ascoltare l’ intervento, trovi la trascrizione del suo messaggio qui.
Grazie per essere arrivat[ai] alla fine! Alla prossima
Il team di Febus
Il backstage di Decodifica
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Si può dire anche scannerizzare: l’Accademia della Crusca dice che vanno bene entrambi!